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Flavia Leonarduzzi, donna di Cultura e presidente del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia



Abbiamo incontrato Flavia Leonarduzzi, da luglio 2020 Presidente del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia.

Donna energica e volitiva, dall’eloquio fluente e dalla brillante personalità, abbiamo iniziato subito ad empatizzare. Ci ha unito dal primo momento la comune, tangibile passione per uno dei più grandi intellettuali del Novecento italiano. Figura controversa, come spesso lo sono le menti superiori, ma sicuramente geniale.

 

Flavia, come potremmo definire questa realtà che guida a Casarsa della Delizia? Come è nato il Centro Studi Pier Paolo Pasolini ?

 

La mia storia nel mondo della cultura non si è in verità formata al Centro Studi Pier Paolo Pasolini, che è nato per la volontà e la lungimiranza di alcuni amministratori di enti pubblici  che decisero di dar vita ad una Associazione i cui soci fondatori, sia figure pubbliche che private, crearono uno statuto con principale scopo proprio quello di salvaguardare l'opera pasoliniana, promuovendola e divulgandola. I soci fondatori: l’allora Amministrazione Provinciale di Pordenone - poi assorbita dalla Regione - il Comune di Casarsa, ma soprattutto tre soci privati che rappresentavano un po' il mondo pasoliniano e anche le attitudini e gli amori di Pier Paolo Pasolini. Intendo la Società Filologica Friulana, per la tutela e valorizzazione della lingua amata da Pierpaolo; Cinemazero, associazione legata al mondo del cinema (ed ecco già guardare allo sviluppo di Pier Paolo Pasolini fuori dal Friuli);l'Università di Udine (doveroso sottolineare che in tutto quello che il Centro promuove con le iniziative, esiste il principio della scientificità). L’Associazione è nata circa 15 anni fa, e un po’alla volta ha iniziato a muoversi dopo inizi non semplicissimi. Lo sviluppo vero e proprio del Centro Studi, a livello nazionale e internazionale, si è avuto in ogni caso grazie soprattutto all'organizzazione delle iniziative per il Centenario della nascita di Pasolini. Data storica: il 5 marzo 2022, quando abbiamo inaugurato a Casarsa, dopo un'impegnativa attività di allestimento, di ricerca scientifica, di collaborazioni, la mostra permanente a lui dedicata. A Casa Colussi, la casa dei nonni materni di Pier Paolo, oggi vi si trova infatti un museo a lui dedicato. I visitatori che arrivano a Casarsa la trovano completamente allestita in ogni suo spazio. Ovunque, documenti originali, manoscritti, lettere, le prime edizioni di Pier Paolo. In più,  nella sala dell’Academiuta di lenga furlana, che fa parte del complesso di Casa Colussi anche se è una sala a sé stante rispetto alla casa originaria, abbiamo creato una importante e preziosa pinacoteca con 25 opere di mano pasoliniana, tra disegni e dipinti. Tutto questo è successo in questi quattro anni della mia presidenza.



Pier Paolo Pasolini è stato una figura culturale ante litteram ed oggi risulta ancora attuale. Quale è secondo lei il segreto? 

 

Sono proprio i visitatori, tanti dei quali giovani, e soprattutto provenienti da fuori provincia, che ci fanno capire l'attualità di Pier Paolo Pasolini. E’ stato un pioniere dall’occhio lungimirante. Vedeva già bene 50, 60, 70 anni fa il profilarsi della nostra società di oggi. Le persone che vengono a Casarsa continuano ad emozionarsi di fronte alla storia dell’uomo e alla scrittura dell’artista, e ci raccontano chiaramente attraverso il loro interesse la modernità del suo lascito. 

L’allestimento a Casa Colussi comprende, come ho già detto, preziosi originali, ma noi vogliamo raccontare una storia ampia, ed è l’insieme assemblato che rapisce  il visitatore: la vicenda di un uomo che è vissuto in Friuli negli anni più importanti della sua vita, quelli della giovinezza. Quelli nei quali si è formato sia l'uomo che l'artista, quando Pier Paolo conosce gli elementi fondanti della sua opera e della vita stessa. La lingua. La gente semplice, quella che lui amava, che poi ha cercato di ritrovare anche a Roma, e che ha cercato anche in Africa. Dicevo, sono davvero tante le persone che continuano ad emozionarsi e a commuoversi a Casarsa di fronte al viaggio umano ed artistico che al Centro abbiamo voluto raccontare attraverso la sua vita negli anni friulani. I visitatori ci ringraziano sempre dopo la visita, e questa è una cosa fantastica. Dal loro interesse e coinvolgimento possiamo capire l'attualità dell’intellettuale, e  la sua grande qualità: ancora oggi, Pasolini viene amato, letto e discusso.

 


Parliamo della sua tomba: perché è  sepolto a Casarsa? 

 

Anche se lui è nato a Bologna, Casarsa ha rappresentato il ritorno a casa.  Le vacanze sin da giovincello le passava lì,  perché la mamma con i due figli è  vero che andava anche 15 giorni al mare nelle spiagge dell' Emilia Romagna,  che era la terra del papà, ma finite queste ferie, però,  tutti e tre - mamma e i due figli -  non vedevano l'ora di ritornare a Casarsa.  Ognuno con le proprie motivazioni.  Pierpaolo aveva gli amici. E poi aveva Naldini, primo cugino,figlio di Enrichetta Colussi, sorella di Susanna, la madre adorata che Pasolini fece anche recitare nel ruolo di Maria nel suo Vangelo secondo Matteo. A Casarsa Pier Paolo faceva sempre grandi giri in bicicletta, grandi nuotate nel  fiume Tagliamento, che  passa a pochi chilometri da Casarsa. Casarza voleva per lui dire le balere dove andava a ballare durante le feste dei paesi intorno.  Insomma, negli anni in cui vi si è fermato stabilmente, dal 1943 a Gennaio 1950,  per  lui vivere a Casarsa  ha significato conoscere ancora di più è meglio la realtà sociale friulana. I contadini, gli operai , il suo essere iscritto alla sezione del Partito Comunista di San Giovanni di Casarsa, e quindi la sua attività anche politica. La lingua, la gente e  il paesaggio lui li conosceva già prima di quegli anni. 

Oggi Pier Paolo riposa accanto alla madre, morta dopo di lui. Qui a Casarsa è sepolto anche il fratello, morto partigiano. Dopo la fine del suo percorso terreno, Pierpaolo è tornato  definitivamente ai luoghi del cuore. Anche la tomba è meta di tantissimi visitatori,  che lasciano un segno della loro presenza, magari un fiore. Sono piccoli segni significativi, un pensiero di legame nei suoi confronti. La voglia di entrare in sintonia con lui. 


 

Come si arriva a dirigere un luogo come il Centro Pier Paolo Pasolini?

 

Io arrivo al Centro con il ruolo di Presidente, che in realtà non dovrebbe dirigere, ma dovrebbe avere qualcuno preposto a farlo. Le cose però sono andate altrimenti. Alla fine, io al mio ruolo principale ho affiancato le competenze della mia attività di dirigente, quale sono sempre stata nella Pubblica Amministrazione. Non mi è stato difficile guidare questa ultima struttura, perché’ per quasi 40 anni sono stata proprio dirigente del servizio del settore Cultura. Prima della Amministrazione provinciale di Pordenone, e poi del più grande ente del comune di Pordenone della nostra Provincia.

Ho sempre organizzato con il mio staff i grandi eventi dell'amministrazione provinciale del comune di Pordenone: le mostre più importanti di questi due enti negli ultimi 40 anni le ho organizzate io.  Sono state attività di promozione territoriale ed espositiva; seguivo anche tutta la parte editoriale del Comune, oltre a seguire attività amministrative più legate al Gabinetto del sindaco piuttosto che al Presidente dell'Amministrazione provinciale. E così via. Il mio mondo professionale di provenienza ha fatto sì che per me allestire un museo come quello del Centro Culturale Pier Paolo Pasolini, visto che ne avevo già allestiti altri, non sia stato particolarmente difficile.

 


L’esperienza è stata dalla sua, come si suol dire.

 

Sì, esattamente.  I primi anni ero una delle poche dirigenti donne, perché la maggioranza erano tutti uomini. Poi sono arrivati i nuovi concorsi e sono stata affiancata da altre dirigenti donne. Alla fine, eravamo più meno pari al numero degli uomini, ma gli inizi sono stati per me duri, Nella mia vita, del resto, mi sono trovata spesso ad essere una donna in mezzo a tanti uomini. Sono stata dirigente del settore Cultura, e ho sostituito solo uomini.

 

In cosa si è laureata?

 

In Economia e Commercio, indirizzo giuridico.

 

Flavia, secondo lei di cultura si mangia? 

 

Secondo me sì, anche se nel mio caso specifico al Centro Studi io faccio oggi esclusivamente volontariato. La mia attività qui è infatti gratuita. Sono andata in quiescienza, avendo maturato l'anzianità di servizio, dopo ben 44 anni di lavoro. Ho cominciato a lavorare molto giovane, perché mi sono laureata lavorando. Il ruolo del presidente del Consiglio di Amministrazione del Centro non è retribuito, lo sottolineo: è il mio amore per il sapere che mi ha sempre animato e continua ad animarmi. Per tornare alla sua domanda, però, secondo me di cultura si mangia, perché tutta la mia vita nella Cultura, compresa quella al Centro Studi, è stata sempre formata da attività per cui, nel poter realizzare le varie iniziative, c’è’  stato bisogno di affidare incarichi. Ci sono da fare degli allestimenti? Do da mangiare a chi svolge questo tipo di lavoro. Si necessita di fare una curatela scientifica particolare?  Do da mangiare a docenti universitari, che vengono a fare consulenza o intavolare convegni. E così via. Di cultura, se è fatta bene, se è fatta seriamente, si mangia eccome! Nella mia presidenza e direzione al Centro Studi in questi ultimi quattro anni io ho addirittura raddoppiato il bilancio. Ho fatto domande per bandi, li ho vinti, ho portato a casa soldi, realizzato progetti. 

 

Che tipo di flusso porta a Casarsa il Centro Studi Pier Paolo Pasolini?

 

Attualmente non abbiamo ancora preso la decisione di far pagare i biglietti di ingresso ai visitatori. Lo sviluppo è solo degli ultimi anni. Prima che io arrivassi, Casa Colussi era vuota. Veniva qualcuno giusto perché’ Pierpaolo qui era vissuto. Oggi, invece, a Casarsa esiste un museo ,c'è una mostra permanente, e ogni tre mesi io realizzo e inauguro anche una mostra temporanea. Un dinamismo annuale degno di grande attenzione. Ho già preso i contatti per far realizzare dei fumetti su Pasolini: c'è una fumettista di Bologna che realizzerà in autunno questa mostra, una trentina di tavole che verranno esposte al Centro Studi. Poi, esiste la Casa oramai completamente allestita. Siamo passati, ne sono orgogliosa, negli ultimi 4 anni, da 500 a 5.000 visitatori. 

 

 

Quanto durerà ancora il suo incarico?

E’ un incarico triennale, e sono stata rinnovata. Cercherò di dare disponibilità ancora fino alla fine di questo 2024: non credo di rimanere però ancora a lungo. Ho una vita personale che reclama la mia attenzione. Del resto, questo impegno assorbe davvero tanto le mie giornate:  tutti i giorni sono presente al Centro Studi. Nonostante tutto l’amore che provo per la scrittura di Pasolini, per il Centro Studi, per Casarsa, sento il desiderio di dedicarmi agli affetti.  Ho messo amore, passione e competenza, e credo di lasciare un'eredità importante. Continuerò volentieri a dare una mano, del resto vivo a Casarsa, ma vorrei che l’incarico ufficiale di presidente venisse preso da qualcun altro.  

 

Per concludere, come si pone il Centro Studi rispetto al mistero della morte di Pier Paolo Pasolini?

 

Non abbiamo preso una posizione e non vorremmo nemmeno prenderla, perché esiste in vita ancora una erede, Graziella Chiarcossi, che di Pier Paolo Pasolini è non solo cugina, ma anche attenta custode della sua opera. È bene che si pronunci  lei. Finche’ ha vissuto il cugino Nico Naldini, erede anche lui, morto 4 anni or sono, si è più volte esposto sottolineando sempre l'omicidio a sfondo sessuale.

Il Centro Studi non ha preso e non credo che prenderà, almeno per adesso, nessuna posizione. 


 

Lisa Bernardini

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