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Lucia Rubedo, uscito l’ inedito “L’immensità”

Con la partecipazione di una orchestra sinfonica di 70 elementi, è appena uscito su

tutte le piattaforme digitali il brano inedito “L’immensità” interpretato dalla soprano crossover Lucia Rubedo. La musica è di Gabriele Roberto e il testo di Fabrizio Campanelli, che ne ha curato anche la produzione per l’etichetta Candle Studio di Milano.

Dopo il successo della sua recentissima partecipazione a “Tú sí que vales”, il talent show di grande successo in onda in prima serata su Canale 5, tutti hanno avuto modo di scoprire la bellezza della sua voce, e l’eleganza interpretativa. Vogliamo presentarla ai nostri connazionali in Francia e a tutti gli affezionati lettori de La VOCE.

Qualche dettaglio biografico: Lucia Rubedo  all’eta ’di 9 ha cominciato gli studi musicali. All’inizio ha preso lezioni di pianoforte con Rosalia Dell’Acqua. Nel 2010 ha proseguito gli studi del canto con il baritono Giuseppe Riva, poi per un periodo ha studiato anche con il tenore Marcello Merlini. Nel 2018 si è  infine iscritta al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, e sotto la guida del soprano Manuela Bisceglie ha conseguito la laurea in canto lirico. Non si finisce mai di studiare, e lei continua a farlo, perfezionando tecnica, espressività ed interpretazione. Nonostante i suoi numerosi premi all’attivo, e una attenzione di pubblico e critica in aumento, Lucia rimane la bambina sognatrice nata a Cremona, la città dei violini, che si è innamorata da subito della musica e non ha mai smesso di amarla.




 

Se sei mai stata in Francia, Lucia? Apprezzi la musica francese?

 

Sì, della Francia ho visitato tutta la zona della Provenza (Orange, Avignone).

Ho iniziato ad apprezzare la musica francese grazie ai miei studi classici. Amo la musica di Georges Bizet, in particolare l’opera Carmen, un capolavoro straordinario:  ho avuto la fortuna di debuttare nei panni di Micaela al teatro Carcano di Milano ad ottobre 2023. Amo ascoltare anche Claude Debussy, per il suo uso suggestivo delle armonie e dei colori musicali, e Maurice Ravel, famoso per il suo Boléro,  ma anche Gabriel Fauré ha creato opere che trovo affascinanti.



 

Qualche nome di interpreti francesi che ascolti?

 

Mi ritrovo ad ascoltare spesso Edith Piaf per la sua voce profonda e toccante, Charles Aznavour per il suo stile elegante, Serge Gainsbourg per la sua originalità. Il mio preferito è però Michel Polnareff, perché mi piace molto lo stile eclettico e innovativo, che spazia tra pop, rock, chanson française e persino influenze orchestrali. Seguo la sua musica perché è caratterizzata da testi poetici e melodie accattivanti, combina elementi del pop francese degli anni ’60 e ’70 con un tocco teatrale, non privo di una sensibilità rock. Mi piace inoltre il suo stile stravagante e le performances eccentriche. I brani che rispecchiano di più il mio personale gusto sono “Love Me, Please Love Me”, “La Poupée qui fait non” e “On ira tous au paradis”. Apprezzo anche Zaz e Carla Bruni. La musica francese è davvero raffinata e ricca di emozione, con un’attenzione unica alla melodia e alle parole.

 

E’ appena uscito il tuo secondo inedito, “L’immensità”.

 

Sì, e giunge sul mercato dopo la pubblicazione di alcune cover di successo ed un primo inedito, incluso nel mio (finora) unico album “Canto”,  pubblicato poco meno di un anno fa. Esplora la potenza e l’eternità di un legame, di un amore, ma anche di una connessione profonda con se stessi, che sembra andare oltre i limiti del tempo e dello spazio. Potremmo definirla una canzone per tutti, classica e raffinata, ma moderna al tempo stesso, con uno stile che rimanda alle emozioni del grande cinema e un suono ricco e attuale. Credo che ogni persona potrà trovare il proprio significato e rispecchiarsi in questa canzone. Che queste note siano come un rifugio per l’anima, un luogo in cui ritrovare se stessi e imparare ad amarsi profondamente, accettando il proprio cammino e scrivendo l’ “immensità” della propria “storia vera” con fiducia, coraggio, e tanto amore.


 

Qual è stata la tua esperienza ad oggi più memorabile su un palcoscenico?

 

Le esperienze lasciano sempre qualcosa di memorabile.  Spesso sono legate a momenti di intensa connessione con il pubblico o di piena immersione nel brano interpretato. Sovente sento una profonda fusione tra voce, emozione e musica, al punto che mi immergo completamente nel personaggio o nella musica che sto interpretando. Questo tipo di esperienza è difficile da descrivere, ma per me rappresenta uno stato di “flow” in cui tutto si allinea perfettamente.

Avverto molto il calore dell’applauso finale dopo una performance particolarmente riuscita o impegnativa. Sentire l’entusiasmo e l’apprezzamento del pubblico è commovente, e ripaga di tutto l’impegno, la disciplina e i sacrifici che ho affrontato nello studio. Anche una standing ovation, un riconoscimento speciale o una chiamata alla ribalta in una grande sala possono lasciare ricordi indimenticabili.

Si ricordano anche gli imprevisti sul palco, come cantare con un’improvvisa difficoltà tecnica o emotiva e riuscire comunque a dare il massimo. Ricordo che una volta, durante gli applausi, per la troppa emozione mi sono distratta e sono caduta nella buca del suggeritore facendo ridere tutto il pubblico!

Ogni volta sul palco per me è un’esperienza di grande crescita, che rafforza la fiducia in me stessa e nella mia  capacità di restare connessa con il pubblico anche nelle situazioni più complicate.

 

Come gestisci l'ansia da prestazione?

 

Le emozioni possono influire notevolmente sulla qualità della performance di un artista. La respirazione diaframmatica profonda aiuta a calmare il sistema nervoso. Pratico anche tecniche di consapevolezza (mindfulness) per rilassare il corpo e radicarsi nel momento presente. Visualizzo mentalmente una “performance riuscita”, immaginandomi serena e sicura sul palco. Questa tecnica, mi è stata insegnata quando ho praticato karate: aumenta la fiducia e riduce l’ansia associata al pensiero di sbagliare.

Avere una routine costante prima di esibirsi può essere rassicurante. Una settimana prima di una performance mi isolo completamente da tutto e tutti per rilassare mente e corpo. Lavoro su me stessa per trasformare i pensieri negativi in affermazioni positive, concentrandomi sulle mie abilità e sul piacere di esibirmi, anziché temere il giudizio del pubblico.

Una preparazione completa riduce l’ansia in maniera naturale, perché ci si sente pronti alla performance. Saper dominare ogni aspetto tecnico e interpretativo del brano aumenta necessariamente la sicurezza.

 

Qual è il tuo rapporto con i compositori e le loro opere?

 

È un rapporto profondo e complesso, basato su un dialogo artistico, anche se spesso indiretto. Divento, infatti, l’interprete della visione del compositore e ho la responsabilità di portare alla luce le emozioni, le intenzioni e il messaggio racchiusi nella partitura.

Ogni nota, dinamica e pausa scritta dal compositore è una guida preziosa. A tutto questo  devo anche saper aggiungere una parte della mia identità e sensibilità. Spesso, lo studio di un’opera comporta una ricerca minuziosa per comprendere il contesto storico e personale in cui il compositore l’ha creata, così da rispettare il significato autentico e, al contempo, esprimere una lettura che risuoni nel presente.

In questo rapporto, io vi intravedo una sorta di dialogo ideale: devo saper rispettare il testo, ma anche arricchirlo con la mia interpretazione vocale.

 

C'è un'opera o un compositore che sogni di interpretare?

 

Per un soprano, ad esempio, il ruolo di Violetta ne La Traviata di Verdi o quello di Tosca di Puccini sono ambiti perché richiedono intensità drammatica e sensibilità musicale, oltre a una grande resistenza e controllo vocale. Anche i ruoli in opere di Mozart, come Donna Anna in Don Giovanni, sono amati per la precisione e la raffinatezza che richiedono.

I compositori come Wagner e Strauss sono dei veri e propri traguardi per molti cantanti lirici per la complessità musicale e psicologica dei loro personaggi. Interpretare opere di questi autori rappresenta un sogno per la possibilità di esplorare testi e musiche profondamente stratificati. Allo stesso modo, ruoli come Otello per i tenori o Carmen per i mezzosoprani sono desiderati per la forza e l’intensità emotiva che richiedono.

Da considerare anche compositori contemporanei come Benjamin Britten o Aribert Reimann,  che attirano l’interesse di cantanti che cercano sfide innovative e spazi per sperimentare.

Nel mio caso, non ho un’opera o un autore preciso che sogno di interpretare,  però spero di fare sempre più esperienze diverse, di esplorare a fondo la gamma espressiva della mia  voce ed affrontare vari generi musicali che mi possano offrire una sfida tecnica e interpretativa avvincente.  Con la volontà, sempre presente,  di raggiungere nuove vette espressive e di lasciare un’impronta artistica che possa restare viva nel cuore del pubblico.

 

Ritieni che la carriera di un cantante sia segnata anche dalla capacità di adattarsi e reinventarsi?

 

Assolutamente sì.  La voce cambia con gli anni e richiede un approccio flessibile al repertorio e alla tecnica. Molti artisti scelgono di avvicinarsi a ruoli più adatti alla loro evoluzione vocale o di espandere i propri orizzonti musicali, come ho fatto io esplorando il genere crossover. Ho sempre cercato di fare più esperienze possibili,  e questa mia adattabilità, unita a una costante ricerca di autenticità e a una connessione sempre più profonda con il pubblico, rappresenta per me la vera ricchezza del mio  percorso artistico,  che si nutre di esperienze, incontri e trasformazioni.

 

Molto soddisfatta della sua esperienza a Canale 5 ed emozionata per l’uscita di questo nuovo brano, Lucia Rubedo guarda al futuro con ottimismo e fiducia. La possiamo seguire sulle sue postazioni ufficiali per conoscerla meglio.

 

 

 

Lisa Bernardini

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